LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE DEL DIRETTORE LAVORI
ALLA LUCE DELLE LEGGI 77/2020 E 120/2020
L’art. 1655 del Codice Civile disciplina l’appalto, ovvero quel contratto con quale una parte (detta appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio per conto di un’altra parte (detto committente) verso un corrispettivo di denaro.
Oggetto del contratto di appalto è quindi la prestazione, dietro corrispettivo, della cui produzione il rischio economico è esclusivamente a carico della parte che si è obbligata a fornirla.
In tema di appalto il direttore dei lavori ha la funzione di tutelare il committente nei confronti dell’appaltatore, vigilando che l’esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità con quanto stabilito dal capitolato di appalto.
Da un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il direttore dei lavori esercita, per conto del committente, i medesimi poteri di controllo sull'attuazione dell'appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona, sicché ha il dovere, attesa la connotazione tecnica della sua obbligazione, di vigilare affinché l'opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, senza che però, da tale attività, derivi la sua corresponsabilità con l'appaltatore per i difetti dell'opera derivanti da vizi progettuali, salvo egli sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche l'attività, aggiuntiva rispetto a quella oggetto della sua normale prestazione, di verificare la fattibilità e l'esattezza tecnica del progetto (cfr. ex multis Cass. 30 settembre 2014, n. 20577).
Pertanto la natura della responsabilità del direttore dei lavori è da valutare alla stregua della diligentia quam in concreto in relazione alla competenza professionale dallo stesso esigibile, concretizzandosi in un dovere di controllo, nell'interesse del committente, della sola esatta esecuzione delle obbligazioni assunte dall'appaltatore nei confronti del primo.
Da ciò discende che spetta a lui, ad esempio, informare la Pubblica Amministrazione di eventuali illeciti commessi durante l’esecuzione dell’opera e fermare i lavori. In difetto, risulta passibile di denuncia e di imputazione in un procedimento penale. Ed è sempre responsabilità del direttore dei lavori redigere i verbali sull’apertura del cantiere, sull’esito dell’opera, sulla correttezza del progetto. Sarà lui a dover segnalare eventuali modifiche da apportare, a controllare che tutto venga fatto come richiesto attraverso delle visite periodiche al cantiere.
Per quanto concerne la sicurezza del cantiere, invece, la relativa responsabilità non sempre grava sul direttore dei lavori, perché, in genere, viene nominato un soggetto specifico (responsabile della sicurezza) che può – non deve- essere lo stesso direttore dei lavori, se in possesso dei requisiti richiesti oppure un’altra persona nominata dal committente o dal responsabile dei lavori.
Ci sono alcune opere di edilizia privata in cui la presenza del direttore dei lavori non solo è necessaria ma anche obbligatoria per legge, ovvero:
Pertanto, sostanzialmente, la figura del direttore dei lavori è indispensabile ogniqualvolta siano in programma degli interventi subordinati al permesso di costruire o alle segnalazioni certificate di inizio attività o alla comunicazione di inizio lavori asseverata.
L’art. 29 DPR 380/01 prevede che “Il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso. Il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con esclusione delle varianti in corso d'opera, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa (…) per le opere realizzate dietro presentazione di denuncia di inizio attività[1], il progettista assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale”.
In particolare il direttore dei lavori risponde personalmente qualora non svolga uno dei seguenti compiti:
Si ricorda che, secondo la Corte di Cassazione, il direttore dei lavori risponde anche in caso di danno a terzi se lo stesso abbia omesso di impartire le opportune direttive per evitare il danno oppure non si sia preoccupato di farle osservare, bloccando se necessario l’opera o, addirittura, rifiutandosi di dirigerla quando non vengano adottate le dovute cautele (Cfr. Cass. Civ. 15 giugno 2020, n. 11469).
La normativa impone, infatti, al direttore dei lavori di ordinare la sospensione delle opere quando ci sono delle circostanze speciali che non consentono temporaneamente di realizzarle a regola d’arte. A tale scopo, è tenuto a redigere un verbale di sospensione insieme all’appaltatore o ad un suo legale rappresentante indicando i motivi dell’interruzione dei lavori, lo stato di avanzamento e le cautele da adottare affinché i lavori possano continuare. Durante la sospensione, il direttore dispone delle visite al cantiere con intervalli di tempo non superiori a 90 giorni per tenere la situazione sotto controllo. Nel momento in cui le ragioni dell’interruzione delle opere vengono meno, il direttore dei lavori redige un verbale di ripresa in cui vengono precisati i nuovi termini contrattuali.
In caso di reato edilizio, il direttore dei lavori (molto spesso il progettista) può essere ritenuto responsabile anche a titolo di semplice colpa sulla base della posizione di garanzia che discende dalla sua funzione (Cfr. Cass. Pen. 11 febbraio 2019, n. 6359).
In tema di reati edilizi, il direttore dei lavori riveste una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione delle opere, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di reato configurate, dalla quale può andare esente solo ottemperando agli obblighi di comunicazione e rinuncia all'incarico previsti dall'art. 29, comma 2, del dpr 380/2001.
Ovviamente tale rinuncia all’incarico deve essere tempestiva, ossia sia avvenuta non appena l'illecito edilizio si sia evidenziato in modo obiettivo o non appena abbia avuto conoscenza che le direttive impartite erano state disattese o violate, perché la posizione di "garante" assunta dal direttore dei lavori ed il suo dovere di vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere, fanno sì che il Professionista risponda penalmente anche allorché si disinteressi dei lavori.
Pertanto un direttore dei lavori è passibile di responsabilità penale anche nel caso di un controllo esercitato in maniera sommaria.
In materia edilizia, l’art. 44 del DPR 380/01, prevede altre condotte sanzionabili penalmente: “1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica: a) l'ammenda fino a 20658 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire; b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10328 a 103290 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione; (…) 2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa”.
L'inosservanza delle modalità esecutive fissate dal permesso di costruire è sanzionabile anche in caso di difformità parziale, ovvero allorquando l'opera eseguita è difforme dal progetto approvato, ma, oltre a conservare la stessa entità e struttura essenziale, presenti modifiche non sostanziali, limitate a particolari secondari, che non incidano sul complesso dell'opera, sulla volumetria, sulla funzione, sulla destinazione. La giurisprudenza tende però ad escludere la rilevanza penale qualora le difformità siano minime.
In tema di responsabilità penale del progettista, secondo la giurisprudenza, “In tema di reati edilizi, è configurabile la responsabilità del progettista in caso di realizzazione di interventi edilizi necessitanti il permesso di costruire, ma eseguiti in base ad una denuncia di inizio attività accompagnata da dettagliata relazione a firma del predetto professionista, in quanto l'attestazione del progettista di "conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti" comporta l'esistenza in capo al medesimo di un obbligo di vigilanza anche nel corso dell'esecuzione dei lavori” (Cassazione penale, sez. III, 09 maggio 2008, n. 28267; P. CED Cass. Pen. 2008, 240821; Cass. Pen. 2009, 6 2613. Vedi anche: Cass. pen., sez. III, 25 gennaio 2006 n. 10962, Cass. pen. n. 8420 del 2003).
L’art. 119 del D.L. 34/2020 (c.d. Decreto rilancio) convertito nella Legge 17/9/2020, n. 77, disciplina il c.d. Superbonus del 110%, ovvero il sistema di incentivi disposti dal Governo per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici.
Ai fini della detrazione del 110% e dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’art. 121, è necessario che i tecnici abilitati asseverino il rispetto dei requisiti previsti dalle normative e la congruità delle spese sostenute per gli interventi effettuati.
In particolare, il punto 13 del suindicato art. 119 stabilisce:
a) per gli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo, i tecnici abilitati asseverano il rispetto dei requisiti previsti dai decreti di cui al comma 3 -ter dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90 e la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. Una copia dell’asseverazione è trasmessa, esclusivamente per via telematica, all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di trasmissione della suddetta asseverazione e le relative modalità attuative;
b) per gli interventi di cui al comma 4, l’efficacia degli stessi al fine della riduzione del rischio sismico è asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, della direzione dei lavori delle strutture e del collaudo statico, secondo le rispettive competenze professionali, iscritti agli ordini o ai collegi professionali di appartenenza, in base alle disposizioni del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017. I professionisti incaricati attestano altresì la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. Il soggetto che rilascia il visto di conformità di cui al comma 11 verifica la presenza delle asseverazioni e delle attestazioni rilasciate dai professionisti incaricati.
Il successivo punto 13-bis specifica che l’asseverazione di cui al comma 13, lettere a) e b) del presente articolo è rilasciata al termine dei lavori o per ogni stato di avanzamento dei lavori sulla base delle condizioni e nei limiti di cui all’articolo 121. L’asseverazione rilasciata dal tecnico abilitato attesta i requisiti tecnici sulla base del progetto e dell’effettiva realizzazione. Ai fini dell’asseverazione della congruità delle spese si fa riferimento ai prezzari individuati dal decreto di cui al comma 13, lettera a). Nelle more dell’adozione del predetto decreto, la congruità delle spese è determinata facendo riferimento ai prezzi riportati nei prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome, ai listini ufficiali o ai listini delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ovvero, in difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi.
Per quel che qui interessa, però, ovvero quale sia la responsabilità del professionista che attesti o asseveri circostanza non veritiere è bene sottolineare come il successivo punto 14 chiarisca che:
“Ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa. I soggetti di cui al primo periodo stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500.000 euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata. La non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio. Si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. L’organo addetto al controllo sull’osservanza della presente disposizione ai sensi dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è individuato nel Ministero dello sviluppo economico”.
Pertanto questa norma sembra aggiungere un’ulteriore forma di responsabilità in capo al tecnico, il quale oltre a dover controllare l’esecuzione dell’intervento, nonché asseverare la sua regolarità edilizia-urbanistica, viene anche chiamato a verificare i requisiti ed i presupposti per poter godere delle nuove agevolazioni previste dal Decreto Rilancio.
Oltretutto la non veridicità delle attestazioni o asseverazioni del tecnico comporterà anche la decadenza dal beneficio, pertanto: il Committente si troverà a dover pagare i lavori che pensava di aver effettuato a costo zero mentre l’appaltatore si vedrà precluso, in caso di cessione del credito, l’accesso diretto agli incentivi, con evidente crisi di liquidità.
Pertanto il Professionista che svolga uno dei seguenti ruoli…
– asseveramento di tutti i titoli edilizi (SCIA, permesso di costruire, sanatorie edilizie, dichiarazioni in genere, ecc.);
– asseveramento della segnalazione certificata di agibilità dei fabbricati o similare in relazione alla specifica e diversa legislazione regionale;
– in qualità di direttore dei lavori, assume la responsabilità relativamente alla corretta realizzazione delle opere in conformità ai relativi titoli edilizi;
– asseveramento circa la sussistenza dei requisiti per poter usufruire delle agevolazioni previste dal Decreto Rilancio (requisiti tecnici e congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati).
… potrà incorrere in vari tipi di responsabilità:
– penale, ai sensi dell’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 181 Codice dei beni culturali;
– civile, per danni nei confronti del proprio committente e/o a terzi;
– deontologica, nei riguardi al proprio ordine o collegio di iscrizione;
–amministrativa/tributaria, per quanto attiene alla responsabilità delle procedure sanzionatorie amministrative, nel caso di realizzazione di abusi edilizi o in assenza dei requisiti previsti dal Decreto Rilancio.
La Legge n. 120 del 11.09.2020 (“legge semplificazioni”), di conversione del D.L. n. 76 del 16.07.2020, ha introdotto importanti novità in ambito edilizio, modificando talune disposizioni del D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia).
All’interno del Titolo IV, capo II del T.U. è stato infatti abrogato il comma 2-ter dell’art 34, ed introdotto l’art. 34 bis, rubricato “tolleranze costruttive”, ampliando così le fattispecie di tollerabilità, non rientranti nell’abuso edilizio.
Il comma 1 prevede che: “il mancato rispetto di altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo edilizio”. Viene così confermata la tolleranza massima del 2% introdotta con il decreto, essa riguarda:
Alla luce di tale disposizione, se ci si discosta entro il 2% delle misure previste nel titolo edilizio non si incorrerà in sanzioni.
Il comma 2 prosegue nel disporre che per gli immobili sottoposti a tutela dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. n. 42 del 22.01.2004) le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture di minima entità, la diversa collocazione di impianti o di opere interne, eseguite in corso di lavori, non comportano violazioni e relative sanzioni se non violano la disciplina urbanistica e edilizia e non pregiudicano l’agibilità dell’immobile.
Infine, il comma 3 della norma in questione prevede che il tecnico abilitato che riscontra durante i lavori la presenza delle difformità menzionate dai commi 1-2, avvenute in corso di precedenti titoli edilizi, non trattandosi di violazioni edilizie, lo attesti mediante apposita dichiarazione asseverata allegata al nuovo atto abilitativo in corso d’esecuzione.
L’ampliamento del concetto di “tolleranze costruttive” è quindi un, seppur piccolo, passo in avanti per gli addetti ai lavori che sono troppe volte coinvolti in azioni giudiziarie da parte di Committenti insoddisfatti o superficiali accertamenti comunali.
[1] L’art. 19 della legge n. 241/1990 è stato modificato dalla L. n. 122/2010 sostituendo la DIA con la SCIA.
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